Gino è nostro ospite a Casa di Betania, è affetto da una patologia che provoca disfagia severa, un giorno esprime il desiderio di gustare ancora una volta una “frisella”, (tipico pane del sud fatto cuocere due volte in forno per ottenere l’effetto biscottato, consumato soprattutto nelle calde estati salentine bagnato in acqua e condito con pomodoro, olio, sale e origano), un piatto povero, ma ricco di suggestioni e ricordi oltre che particolarmente saporito al palato.
Gino, consapevole della malattia che lo sta consumando, sa che la sua richiesta non può essere esaudita eppure insiste, la confeziona di particolari vuole una “frisella” di grano duro, (la tradizione prevede anche la frisa di grano duro misto ad orzo), bagnata in un contenitore riempito con acqua fresca nella quale la frisa deve fare tre “tuffi”, poi condita secondo la tradizione contadina.
Gli operatori sanitari che lo ascoltavano provavano la perplessità della sua richiesta e i dubbi di poter accogliere la stessa, di soddisfare quel suo “ultimo” desiderio, il rischio di soffocamento era troppo alto. Ma è Gino stesso a suggerire la soluzione: «frullatela in un frullatore!». Così abbiamo fatto.
Un solo cucchiaino da caffè ha restituito al palato un gusto antico, semplice eppure carico di memoria, ricordi, sensazioni, profumi, colori di vita. Restituendogli parte della sua storia, quella che la lungo degenza in ospedale e case di cura fa velare di nostalgia se non proprio dimenticare.
Questa attenzione e il relativo ascolto di un bisogno fa parte integrante del programma delle Cure Palliative che ormai da quindici anni seguiamo nel nostro Hospice. Con l’obbiettivo di migliorare sempre di più l’offerta di cura perché sia realmente appropriata alle esigenze dei nostri ospiti, alla loro personalità, alla loro vita.
Conosciamo il valore del cibo. Oltre alle sue funzioni biologiche esso crea legami, stabilisce familiarità. Durante i pasti compiamo la liturgia della condivisione, che in ultima analisi richiama l’amore quello vero, fiduciale, gratuito. Il sapore del cibo si imprime nella memoria, diventa costitutivo dell’essere. Genera ricordi, orienta le emozioni, richiama la maestria e la cura delle mamme, i suoni e i colori di una tavola nella fraternità o nell’amicizia consentono di sentirci parte della realtà dentro la quale siamo chiamati a vivere. A tavola si cresce in cultura, tradizioni, umanità.
Nel Vangelo, Gesù più volte spezza il pane e lo distribuisce come cibo a coloro che erano con lui; nella psicologia è fortemente collegato all’affettività, il cibo scalda, riempie lo stomaco e dà sensazioni di benessere; nei sogni è associato a stati d’animo positivi come l’allegria, desiderio e passione. Da quanto detto, risulta così evidente che il cibo, nella metodologia delle Cure Palliative, è espressione altissima di cura olistica della persona, coinvolgendo tutte le dimensioni umane che garantiscono dignità anche nella fase terminale della vita.
Occuparsi di alimentazione connessa alle Cure Palliative significa, infatti, garantire la reale accoglienza della persona nella sua dimensione corporea, psicologica, intellettuale, culturale, storica, religiosa. Sugella quell’alleanza di cura tra l’operatore sanitario e l’ospite, e allo stesso tempo edifica una relazione di fiducia con i suoi familiari i quali nella percezione della serenità del loro congiunto attraversano questa fase emotivamente complessa con minore drammaticità.
Le Cure Palliative, come sappiamo bene, sono finalizzate al miglioramento della qualità di vita, al controllo dei sintomi, ad anestetizzare quanto più possibile il dolore, a mitigare la sofferenza e in tutto questo l’alimentazione di conforto offre il delicato piacere del soddisfacimento di un bisogno primario. Comprendiamo quanto è importante che questo realmente avvenga, per questa ragione ci siamo impegnati con non pochi sforzi, anche economici, a trasformare questi principi in realtà.
Venuti a conoscenza di un progetto promosso da una start-up italiana e realizzato, in forma sperimentale, in collaborazione con l’Università di Genova e finalizzato ad unire la nutrizione con la farmaceutica (nutraceutica) ci siamo adoperati affinchè il Confort Feeding Only (concepito per i pazienti fragili delle Residenze Sanitarie Assistenziali , Residenze Assistenziali, reparti ospedalieri di Lungodegenza) fosse utilizzato anche nell’ambito delle Cure Palliative e quindi anche nel nostro Hospice.
La nutraceutica, partendo da alimenti naturali, attraverso un processo elaborativo di tipo altamente tecnologico conferisce ai prodotti alimentari un livello ottimale di densità, viscosità, consistenza che consente una facile deglutizione mentre il processo brevettato di ricettazione e reidratazione automatizzata consente agli alimenti di conservare sapori, profumi e colori originali; inoltre si garantisce una corretta assunzione di tutti i principi nutrizionali. Ogni alimento viene cucinato per un lungo tempo a una temperatura costante di 57°C e successivamente disidratato per sublimazione. In questo modo si è in grado di mantenere inalterati sia i micro che i macro nutrienti di ogni piatto e il loro aspetto sensoriale e visivo. Grazie poi ad un erogatore (come è possibile vedere in foto), fornito sempre dall’azienda produttrice, si garantisce la sicurezza igienico sanitaria. Infatti l’erogatore funziona a temperature di 85°C mentre il processo automatico non consente la manipolazione delle materie prime.
Le caratteristiche reologiche delle pietanze sono:
- consistenza ideale: se troppo liquida > impossibile controllo tempi; se troppo solida > fase orale lunga;
- omogeneità: assenza di grumi, doppie consistenze, residui;
- viscosità: scivolosità correlata alla lubrificazione del bolo;
- coesione del bolo;
- volume: idoneo alla capacità, maggior volume > stanchezza:
- stabilità nel tempo: no separazione fase, mantenimento consistenza;
- temperatura ottimale.
Di seguito qualche esempio di pietanze preparate e offerte ai nostri ospiti:
Colazione: latte e biscotti, caffè e biscotti, the e biscotti.
Primi piatti: riso in bianco, pasta al pesto, tagliatelle al ragù, pasta alla carbonara, risotto allo zafferano, semolino all’uovo, zuppa cereali, zuppa di lenticchie, zuppa legumi, minestrone di verdure, zuppa di ceci, polenta e gorgonzola, tortelli alla zucca.
Secondi piatti: costine di suino alla griglia, crema formaggi, frittata al prosciutto, pesce azzurro e gamberetti, pollo alla griglia, prosciutto cotto, salmone, scaloppina pollo ai funghi, manzo tonnato, manzo alla piemontese, cotechino, baccalà alla vicentina.
Contorni: asparagi, carote, cavolfiore, peperoni, piselli, pizzaiola, pomodoro e basilico, spinaci, zucca e rosmarino, purè di patate, polenta, porro e patate, carciofo, patate arrosto.
Dolci: torta limone, torta al cioccolato, budino vaniglia, cheesecake ai mirtilli, crema tiramisù, crema pesca, creme caramel, colomba pasquale, panettone.
Fruttino proteico: gusto mela e gusto mela e banana.
Questo nuovo approccio alimentare, che sta rivoluzionando l’assistenza alle persone fragili con disfagia, permette a tutti gli ospiti di Casa di Betania la garanzia e la certezza di ricevere da parte dell’equipe sanitaria un’accoglienza centrata non solo sulla qualità umana, sulla disponibilità di ambienti progettati su misura, ma anche sull’offerta di alto livello di cura fondato sulla scienza e innovazione tecnologica.
Alla vista di questi nuovi piatti la signora Anna ha esclamato: «che belli questi colori e questi profumi, sembrano quelli del basilico e del limone del mio giardino…» e dopo consumato queste pietanze aggiunge: «...ah però, il sapore è pure quello!». Di Nicola invece presentiamo i suoi occhi lucidi di emozione quando davanti al profumo e poi al sapore della pasta alla carbonara dice: «…è una forte emozione sentire nuovamente il sapore del cibo vero dopo 5 mesi, grazie!».